In base alla deposizione del pentito Tullio Cannella, l’attentato al noto giornalista e conduttore televisivo Maurizio Costanzo del maggio 1993 fu solo un avvertimento. Lo ha riferito il collaboratore di giustizia all’interno del processo trattativa a Palermo.
Non doveva essere ucciso – “Non aveva l’obiettivo di uccidere il giornalista, ma di dargli un avvertimento”. Queste le parole di cannella a 21 anni dall’agguato organizzato da Cosa Nostra, all’interno del processo sulla trattativa Stato-mafia. La deposizione è stata rilasciata in videoconferenza di fronte la Corte d’assise di Palermo. I retroscena relativi all’attentato in questione, ha riferito il pentito, gli furono raccontati dal boss mafioso Leoluca Bagarella, con cui era in buoni rapporti. “Nel 93 vi fu un attentato e Bagarella stava andando al mare – risposto Cannella rispondendo al pm Francesco Del Bene – e mi fece una battuta sarcastica: ‘Tutti questi attentati in Italia… Secondo me sono i terroristi, saranno quelli della Falange armata. Ma era stata una battuta. Bagarella disse in dialetto: ‘Cu sta bummideddra, u Costanzo s’assistimò’ (con questa bomba abbiamo sistemato Costanzo ndr). Bagarella mi fece capire che questo episodio intimidatorio induceva il giornalista a evitare di fare programmi dove primeggiava l’attacco nei confronti della mafia. Mi disse anche che non si voleva uccidere Costanzo ma che si voleva dargli un avvertimento. Perché lui girava in un ambiente vicino a Cosa nostra, lui lavorava per Mediaset, il cui proprietario era all’epoca Berlusconi”. Questa la risposta ricevuta dal pm Del Bene al perché si volesse intimidire Costanzo e non ucciderlo: “Costanzo era vicino a degli amici, lavorava con personaggi che avevano un rapporto buono con Cosa nostra”.
12 dicembre 2014