Lo ha deciso la Cassazione. In seguito al licenziamento colpa la crisi, stop al mantenimento e revisione delle condizioni di separazione.
In tale circostanza, insomma, la perdita del proprio posto di lavoro non può essere causa di condanna penale per non aver ottemperato al mantenimento dell’ex coniuge predisposto dal giudice. Di contro, però, lo stesso giudicr dovrà verificare se sussistono i criteri di sospensione dello stesso emolumento, colpa di un peggioramento delle condizioni economiche e non per una decisione arbitraria dello stesso. Solo in questo seconda ipotesi ci sarà la condanna con valore penale, infatti.
Al momento la Cassazione ha stabilito che l sospensione, in caso di criticità economica, può riguardare più mensilità, se non un intero anno. Tutto proporzionato alla difficoltà occupazionale e quindi lavorariva.
Stando così le cose, il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, viene meno. Il penale, infatti, scatta solo quando è accertato che l’omissione è il risultato della precisa volontà di negare che esista un obbligo di assistenza. Iin tal caso la condotta va considerata contraria all’ordine e alla morale della famiglia. (Fonte laleggepertutti.it)
Inoltre, la decisione parte da un assunto chiaro: anche nel caso della perdita di lavoro, seppure i coniugi fossero ancora insieme, in ogni caso il tenore di vita coniugale soffrirebbe della difficoltà economica in essere. Dovendo l’assegno di mantenimento garantire lo stesso tenore di vita al di fuori del rapporto matrimoniale una volta conclusosi, il peggioramento della situazione lavorativa del coniuge si paleserebbe in ogni caso. Ecco perché il giudice dovrà tenerne conto e verificare l’effettiva persistenza delle difficoltà di cui sopra e il loro effetto nel tempo.
18 dicembre 2014