Quasi un secolo, per l’esattezza 85 anni, di cui 380 mila tonnellate annue e 32 milioni totali dichiarate totali da smaltire. Stiamo parlando del tempo necessario affinché tutti i siti italiani contaminati dall’amianto killer vengano interamente bonificati, mettendo fine agli effetti devastanti legati a questa fibra subdola e spietata. Il problema vero, però, è legato alla consapevolezza legata alla sua tossicità, ormai vecchia di 23 anni.
35 mila siti da bonificare – Ricordiamo che i siti da bonificare lungo la penisola sono oltre 35 mila, su un calcolo aggiornato al novembre 2014 Il Ministero dell’Ambiente: 35.521 in particolari richiedono ancora un primo intervento, mentre 571 sono stati bonificati solo. I siti che presentano la maggiore tossicità sono quelli Casale Monferrato, dove il “polverino” ha fatto 1700 vittime, gli stabilimenti Fibronit di Bari e di Broni (Pv), Eternit Siciliana di Priolo (Sr), la cava di Monte San Vittore di Balangero (To), l’altro stabilimento Eternit di Bagnoli (Na), la ex Liquichimica di Tito (Po), la cava di Monte Calvario a Biancavilla (Ct) e quella di Emarese (Ao).
Un milione di tonnellate nel Lazio – Nel Lazio sono almeno 1 milione le tonnellate di amianto da smaltire, di cui solo 100 mila sono state rimosse in 10 anni. I dati in questione sono stati resi noti durante l’incontro “Una regione libera dall’Amianto” promosso da Legambiente. In particolare, l’obiettivo è quello di istituire uno sportello dedicato all’interno delle Asl dove poter accedere alle cure del caso in via del tutto gratuita. Proposta anche l’istituzione di un registro relativo a tutti gli edifici contaminati dall’amianto killer, così da permettere la regolamentazione dei piccoli quantitativi presenti sul territorio. Al riguardo, già la stessa Inail ha dettato delle linee guida per attivare la procedura in questione:
– Delimitare l’area di intervento di bonifica ed impedirne l’accessibilità ai non addetti ai lavori;
– Durante le fasi di bonifica dovranno essere effettuati monitoraggi ambientali quotidiani all’interno dell’area di bonifica delimitata. Le modalità di campionamento ed analisi consigliate, con la finalità di stabilire criteri univoci, sono le seguenti: campionamenti ambientali con pompe ad alto flusso, 8-10 l/min, almeno 3000 litri campionati, filtri in esteri misti di cellulosa da 25 o 47 mm, analisi al MOCF. I risultati dovranno essere disponibili entro le 24 ore successive al campionamento. I limiti delle soglie di preallarme ed allarme sono rispettivamente di 20 e 50 ff/l. Qualora le analisi dei filtri dimostrino il superamento delle soglie di preallarme ed allarme andranno adottate le misure cautelative indicate dal D.M. 6/9/94. Inoltre, nel caso di preallarme sarà necessario avvertire entro le 24 ore l’ASL e l’ARPA, mentre nel caso di allarme sarà necessario avvertire detti Enti immediatamente.
– Qualora sia presente all’interno del SIN una ulteriore area di cantiere out-door esterna all’area di bonifica delimitata, anch’essa recintata ed inaccessibile, che inviluppa l’area di cantiere e bonifica, dovranno essere effettuati monitoraggi ambientali. Le modalità di campionamento ed analisi consigliate, con la finalità di stabilire criteri univoci, sono le seguenti: campionamenti ambientali con pompe ad alto flusso, 8-10 l/min, almeno 3000 litri campionati, filtri in policarbonato o in esteri misti di cellulosa da 25 o 47 mm, analisi al SEM. La frequenza di detti campionamenti andrà stabilita da parte delle autorità di controllo locali (ASL e ARPA). I limiti delle soglie di preallarme ed allarme sono rispettivamente di 1 e 2 ff/l. Qualora le analisi dei filtri dimostrino il superamento delle soglie di preallarme ed allarme andranno adottate le misure cautelative indicate dal D.M. 6/9/94. Inoltre, nel caso di preallarme sarà necessario avvertire, dal momento del risultato delle analisi, entro le 24 ore l’ASL e l’ARPA, mentre nel caso di allarme sarà necessario avvertire detti Enti immediatamente.
– Al fine di abbattere la polverosità, è possibile utilizzare apparecchiature per la nebulizzazione di vaste aree quali il fog cannon con acqua non additivata da incapsulanti.
Vittime e neoplasie – 3000 le vittime da amianto in un anno, di cui la metà per mesotelioma. Dal 1993 al 2008 sono stati 15 mila i casi legati alla diagnosi di neoplasia correlate all’amianto, quindi circa 1000 all’anno, dato tra gli altri in forte crescita. Senza contare che i tempi di esposizione va dai 20 a 45 anni dall’inizio dell’esposizione e che l’età media in cui si diagnosticano tali patologie è 70 anni. Se prima a poco tempo fa l’amianto killer poteva sembrare un killer imbattibile, un nuovo spiraglio di luce sta arrivando sul fronte delle cure da parte del dipartimento Oncologico dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Ospedale San Antonio e Biagio di Alessandria: una nuova sperimentazione, infatti, permette di identificare i geni mutati responsabili della ridotta sopravvivenza nel mesotelioma. In tal senso, quindi, è stato possibile riconoscere un elevato numero di mutazioni nei geni legati al sopravanzare dei tumori. La nuova tecnica diagnostica potrebbe di fatto permettere di migliorare le terapie bersaglio legate a tali neoplasia, secondo Giorgio Scagliotti, direttore del dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino.
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11 febbraio 2015