Era il 25 agosto 1975 quando Bruce Springsteen pubblicò Born to Run, il suo terzo album, quello che cambiò la sua carriera e lo lanciò verso il successo. Doveva essere l’album della svolta per lui visto che i primi due dischi pubblicati non avevano ottenuto grande successo e la casa discografica era pronta a liberarsi di lui se non ci fosse stata un’inversione di marcia, soprattutto perché era stato messo sotto contratto con l’etichetta di essere il nuovo Bob Dylan, un paragone non da poco.
E in tanti erano certi che la sua carriera sarebbe durata ben poco, che presto sarebbe caduto nell’anonimato come tanti altri. C’era poi chi come Jon Landau, era di tutt’altro avviso:
“Ho visto il futuro del rock ‘n’ roll, il suo nome è Bruce Springsteen“.
Furono queste le parole del giovane critico musicale dopo aver assistito a un concerto di Bruce Springsteen a Boston. I due si conobbero e in seguito nacque un rapporto di amicizia tra i due, tanto che il Boss, convinto di aver trovato la persona giusta per dare il giusto suono al suo progetto, lo volle come co-produttore di Born to Run, una vera e propria pietra miliare del rock.
“Stavo suonando la chitarra sul mio letto quando d’un tratto le parole di Born to Run mi vennero in testa. Pensavo si trattasse del nome di un film o di qualcosa che avevo visto mentre guidavo. Mi piaceva la frase perché suggeriva un dramma cinematografico che si adattava perfettamente alla musica che avevo in testa per quelle parole”.
Così Bruce Springteen spiegò come nacque il suo capolavoro. Le registrazioni iniziarono nel 1974 e durarono mesi, soprattutto a causa delle manie di perfezionismo del Boss, che portarono due membri della band, il batterista Ernest Carter, e il pianista David Sancious, a mollare. Al loro posto arrivarono Max Weinberg e Roy Bittan. Loro, insieme a Steve Van Zandt, lavorarono duramente a Born to Run.
Il 25 agosto uscì l’album e poco dopo Springsteen finì sulle copertine del Time e di Newsweek. Era l’inizio del trionfo per il 26enne. Piovvero recensioni e critiche positive per l’album che segnò un momento storico preciso: la guerra del Vietnam era appena finita e stava definitivamente cadendo il famoso sogno americano. Il tema principale trattato da Springsteen è proprio quello della fuga dalla realtà statunitense, un’azione necessaria per la realizzazione dei propri sogni, per rifarsi una vita e allontanarsi da quella disillusione.
