L’8 febbraio 1976, esattamente quarant’anni fa, usciva nelle sale cinematografiche statunitensi Taxi Driver, un film diventato cult e rimasto nell’immaginario collettivo anche grazie al famoso monologo di Travis, interpretato da Robert De Niro, che fa pratica con la pistola davanti allo specchio: “Ma dici a me? Ma dici a me? … Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui”.
Il regista del film scritto da Paul Schrader è Martin Scorsese, che è riuscito a rappresentare uno dei periodi più controversi della storia americana, quello della guerra del Vietnam. Il protagonista, infatti, è un ex marine e si ritrova a fare con diverse problematiche. Il successo fu immediato e pochi mesi dopo Taxi Driver trionfò al Festival di Cannes. Unica pecca fu la mancata vittoria agli Oscar nonostante le quattro Nomination, ma la giuria decise di premiare Rocky. Questo, però, non impedì al capolavoro di Scorsese di imporsi come uno dei migliori nella storia del cinema a stelle e strisce.
LA TRAMA – Il protagonista è Travis Bickle, un ex marine reduce del Vietnam che vive a New York da disadattato: passa le giornate in solitudine, soffre di insonnia, scrive un diario, frequenta cinema a luci rosse e di notte guida un taxi. Solo una persona riesce a suscitare il suo interesse, Batsy, una ragazza che fa parte dello staff del senatore Palantine, prossimo candidato alle elezioni presidenziali, ma dopo il primo appuntamento lei si allontana certa di non volere continuare a conoscerlo a causa del suo atteggiamento.
Tutto cambia quando sul suo taxi sale Iris (una giovanissima Jodie Foster), una tredicenne in fuga dal suo protettore e che Travis vuole salvare. Inutilmente, però, dato che la giovane non vuole essere aiutata. L’ex marine, dopo il rifiuto di aiuto, soffre di problemi psichici e il disgusto provato nei confronti di tutto ciò che lo circonda e che lui considera immorale lo porta ad acquistare delle pistole. Il motivo? Farsi giustizia da solo e uccidere il senatore Palantine, la reincarnazione dell’ipocrisia dell’intero Paese in cui vive e di tutto ciò che lui vuole combattere. Travis si reca al raduno del politico, ma non riesce a ucciderlo perché notato dalle guardie del corpo, che se lo lasciano sfuggire.
Non contento, quella stessa sera va nella zona in cui lavora Iris e, dopo averlo provocato, spara a Matthew, il protettore. Ma non finisce qui perché poi entra nell’edificio in cui sa di trovare la ragazza e spara sia all’affittacamere sia al mafioso che trova nella stanza con Iris. In un secondo momento tenta il suicidio, ma tutte le armi a disposizione sono scariche. La polizia accorre sul posto per via della sparatoria e Travis, incredibilmente, diventa un eroe, viene ringraziato dalla famiglia di Iris per averla fatta tornare a casa e anche Betsy sembra intenzionata a volerlo conoscere, ma lui non ha interesse. E pensare che se fosse riuscito a uccidere Palantine sarebbe stato ricordato come un assassino. Il finale, poi, è tutto aperto perché il suo sguardo riflesso sullo specchietto retrovisore lascia un dubbio: è realmente cambiato o continuerà a essere un violento?