Roma, 26 ottobre – Desta nuove polemiche l’esito della sentenza sul presunto omicidio di Stefano Cucchi, il geometra morto quattro anni fa durante il ricovero all’ospedale Pertini di Roma. I pm che hanno indagato sulla sua morte hanno proposto appello contro la sentenza con cui la III Corte d’Assise nel giugno scorso ha condannato per omicidio colposo (e non per abbandono d’incapace come chiesto) cinque dei sei medici imputati (un sesto medico fu condannato per falso ideologico), e assolto tre infermieri e tre agenti della Polizia penitenziaria.
Nell’atto d’appello si contesta in tutti i suoi punti il giudizio di primo grado, e si avanza una richiesta di totale riforma. I pm tramite le nuove testimonianze ottenute, ritengono le conclusioni dei giudici «non condivisibili». «Tutte le testimonianze raccolte, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte – si legge nell’appello – confermano quanto riferito dal Samura (testimone) in ordine al comportamento degli agenti che in seguito alle insistenti richieste del Cucchi lo colpivano con una spinta e dei calci, in modo da farlo cadere a terra e procurargli le lesioni che ne hanno determinato il ricovero». Un ‘passaggio’ importante, poi, è quello intitolato: «I tentativi di far ricadere la responsabilità sui carabinieri». «Nel corso dell’istruttoria dibattimentale – scrivono i pm – è stato offerto alla Corte la possibilità di capire come il riferimento al fatto che Cucchi avesse subito lesioni ad opera di non meglio identificati o identificabili carabinieri, facesse parte del tentativo di allargare la cerchia dei colpevoli da un lato, e difendere o escludere la responsabilità degli agenti dall’altro».
Il reato di abbandono d’incapace, inoltre, per i pm deve essere contestato anche agli infermieri, «giacchè gli stessi sono stati inspiegabilmente assolti soltanto sulla base di quanto ritenuto dai periti e cioè che non era nelle loro facoltà di sindacare le iniziative dei medici alle quali risultano essersi attenuti».