Roma, 26 novembre – Quattro italiani su 10 (esattamente il 39 per cento del totale) vivono alla giornata, un terzo (il 34 per cento) non programma il futuro della propria famiglia oltre i sei mesi.
Lo afferma il Rapporto del Centro Einaudi utilizzando dati dell’Eurobarometro. In Grecia coloro che non sono in grado di fare progetti sono il 68 per cento del totale, in Germania scendono al 15 per cento, in Austria al 10 per cento. Eppure Spuntano qua e là i germogli della ripresa, secondo il Rapporto 2013 sull’economia globale e l’Italia, promosso dal Centro Einaudi e presentato oggi a Milano dal curatore Mario Deaglio ma le cicatrici della lunga crisi sono ancora visibili dovunque: dagli Stati Uniti, alla Cina, dal Medio Oriente all’Europa e all’Italia.
Il Rapporto parla di «Fili d’erba, fili di ripresa» facendo riferimento alle evoluzioni in corso: il mutamento dei modelli sociali, culturali e di consumo; le trasformazioni dei mercati e delle grandi imprese; le tendenze demografiche, la rivoluzione energetica, conseguenza del diffondersi del «fracking» (l’estrazione di combustibili fossili dalle rocce, di cui gli Stati Uniti hanno la leadership nella tecnologia e nella produzione). Una parte del volume è, come sempre, dedicata al nostro Paese, la ripresa dipende dalla capacità delle imprese italiane di competere sui mercati internazionali. Ma non dipende solo da loro. Utilizzando i dati dell’Eurobarometro, il Rapporto del Centro Einaudi sottolinea che quattro italiani su 10 vivono alla giornata, un terzo non programma il futuro della propria famiglia oltre i sei mesi. Una situazione che fa pensare a un vortice dal quale è difficile uscire piuttosto che a una ripresa. Secondo la Banca d’Italia la condizione finanziaria delle famiglie italiane resta solida, ma «i consumi interni sono ancora penalizzati dalla necessità di ricostituire il risparmio e dalla difficoltà di ottenere credito, mentre ancora non si profila una ripresa dell’occupazione». Questo quadro si accompagna a «preoccupanti segnali di debolezza istituzionale, messi in luce dalle vicende parallele di Telecom Italia e di Alitalia», che evidenziano la necessità di una politica industriale, «di fatto inesistente nel nostro paese da oltre un decennio».