Roma, 28 dicembre- Shalabayeva e sua figlia Alua, di soli 6 anni, sono sbarcate alcuni giorni fa a Fiumicino con un visto Shanghen, che permetterà loro di spostarsi liberamente in tutta Europa. La donna ha ringraziato il ministro degli Esteri Bonino per il suo impegno e ha raccontato la sorveglianza totale a cui era sottoposta nel suo Paese e la paura per l’incolumità di sua figlia. Il loro espatrio forzato dall’Italia avvenne il 31 maggio scorso, sotto il governo Berlusconi, con Alfano agli interni. La donna insieme alla figlia furono prelevate dalla loro abitazione di Casal Palocco, intorno alle 19, da una squadra di Swat ( reparto della polizia specializzato nei blitz) condotte immediate a Ciampino e imbarcate su un aereo con destinazione Kazakistan. Tra il 28 e 3o maggio, quindi prima del blitz, il governo kazako, attraverso il suo Interpol, aveva diramato due cablo contenenti i dati generici e di residenze di due loro obiettivi: Mukhtar Ablyazov, naturalmente, e sua moglie Alma Shalabayeva. Stupisce che il ministro Alfano in Parlamento riferì di non conoscere lo stato di rifugiata della Shalabayeva e del marito, dimostrando una falla nel nostro sistema di sicurezza e di intelligence. Per coprire le troppe mancanze e le molte responsabilità lo stesso ministro impose due responsabili, che avrebbero agito senza il suo consenso e senza informarlo. I responsabili allontanati dal servizio furono il capo di Gabinetto di Alfano Giuseppe Procaccini e un navigato prefetto di lungo corso, Alessandro Valeri, segretario del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. I fatti però hanno smentito questa versione è infatti ufficiale che Giuseppe Procaccini informò Alfano della richiesta di catturare Mukhtar Ablyazov avanzata dall’ambasciatore kazako il 29 maggio. Tutto questo successivamente alla pianificazione con il diplomatico e il Prefetto Valeri, la sera del 28, del blitz nella villa di Casal Palocco.
Cambia governo, cambia strategia. Il nuovo ministro degli esteri Emma Bonino si è attivata fin da subito per fare chiarezza sulla questione, accusando anche di intromissione l’ambasciatore kazako in Italia. Solo una decina di giorni fa è venuto però alla luce l’ennesimo sotterfugio. Il presidente di Eni ha parlato in forma anonima ( che fosse lui ha parlare è stato scoperto dalla Procura) a Report di Milena Gabanelli, ammettendo ingerenze del governo kazako. Secondo il dirigente, il Kazakistan aveva ricevuto notizie abbastanza sicure che Ablyazov fosse in Italia e avrebbe interpellato il colosso dell’energia al fine di risolvere il caso. Come accennavamo in proposito la procura di Roma, sotto la guida del pm Albamonte, ha aperto un’inchiesta sul possibile ruolo del cane a sei zampe. Intanto fortunatamente Shalabayeva e la sua bambina sono di nuovo in Italia, quindi in salvo da un governo dittatoriale e persecutorio. Ringraziano il nostro Paese per l’aiuto ricevuto, dichiarando però che non resteranno qui. Chissà perchè?