Roma, 12 gennaio – Loro parlano dei problemi di tutti ma nessuno parla di loro. Nessuno li difende, nessuno si schiera con loro. Per loro nessuna manifestazione o discorso in piazza. Lavorano in silenzio e da quel silenzio riescono a tirar fuori i problemi della società, denunciandoli pubblicamente, portandoli nelle case di tutti. E se loro dovessero mancare? Forse non ce lo siamo mai chiesti ma, chi difende i giornalisti? Nessuno se non loro stessi e la loro arma è sempre la stessa: la denuncia. Succede così, un’ennesima volta, che un’intera redazione venga chiusa con tanto di silicone sulla porta e una vite nella toppa della chiave. È accaduto a Frosinone, nella sede del quotidiano “La Provincia” dove i giornalisti protestano da giorni dopo la decisione unilaterale di chiudere la redazione, assunta da Effe Cooperativa Spa che non ha rispettato l’accordo di cassa integrazione al 50 per cento prevista per tutti i dipendenti, chiedendo invece ai sindacati di accettare la cassa integrazione a zero ore per i 21 lavoratori della sede di Latina, senza rotazione con il restante personale e senza rassicurazioni sugli stipendi ancora da saldare: nove mensilità in tutto. Un atteggiamento definito discriminatorio dal Comitato di Redazione, dal segretario di Stampa Romana Paolo Butturini e dei segretari Slc Cgil di Latina e Frosinone Bruno Carlo e Giuseppe Pede.
I lavoratori denunciano il mancato pagamento di nove mensilità, del 20 per cento dello stipendio di maggio, dei rimborsi relativi agli assegni familiari, dei rimborsi 730 e quelli relativi alla legge sull’assistenza alla disabilità. Quando durante l’ultimo incontro, che aveva come obiettivo la discussione delle problematiche relative alla chiusura della redazione, i rappresenti di Effe Cooperativa Spa non hanno presentato alcuna proposta valida, è iniziata da parte dei giornalisti un’azione di forte protesta. L’occupazione della sede va avanti da allora ma sembra che i giornalisti abbiano già ricevuto una diffida da parte del presidente del consiglio di amministrazione. Tra tutti i diritti negati, insomma, si aggiunge anche il divieto di sciopero e manifestazione.