Roma 28 febbraio – A Treviso il ristorante “Beccherie”, inventore del tiramisù, dolce conosciuto a livello mondiale, chiude dopo 76 anni di attività. La struttura è stata gestita da tre generazioni della famiglia Campeol, che nel corso degli anni si è fatta conoscere in città per aver fatto conoscere piatti tradizionali e nel mondo per il dessert che proprio la scorsa estate è stato protagonista di una battaglia legale legata al riconoscimento del copyright. In merito alla chiusura del ristorante è intervenuto anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, che si è detto addolorato perché la chiusura annuncia la fine di un pezzo di storia di Treviso e comunica la cancellazione di una pagina della cultura enogastronomica mondiale. Per Zaia il ristorante è vittima “di una serie di fattori, che certamente si ricollegano anche alla crisi economica, ma anche, a mio avviso, a un certo appiattimento della cultura gastronomica mondiale. Dove in cucina la voglia di spettacolo prevale sull’impegno a soddisfare al massimo livello la voglia di convivialità, o dove presunte esigenze nutrizionali puniscono gusti e sapori che esprimono la qualità del territorio e, con essi, quelle che sono vere e proprie espressioni di cultura e di civiltà”.
Carlo Campeol, alla soglia dei 60 anni dice basta dato che “niente è eterno“, questa è l’affermazione rilasciata a “La Tribuna di Treviso”. “Avremmo dovuto dare una svolta a questo ristorante”, dice Carlo, “ma a sessant’anni non ho la voglia né l’energia per farlo. C’è un detto secondo il quale le attività vengono chiuse alla terza generazione. È così anche nel nostro caso”. Già da anni la critica aveva espresso le sue perplessità, accusando il ristorante di conservatorismo e scarsa propensione a innovazioni culinarie, ma c’è da dire che dall’inizio dell’attività la famiglia ha puntato su un progetto per portare alla ribalta i semplici piatti della tradizione trevigiana, riuscendo a diventare un punto di riferimento per la città. Dal 30 marzo però non si aprirà più il ristorante e questa decisione ha lasciato amarezza e incredulità in città, dove la gente dice di non riuscire a immaginare Treviso senza le Beccherie.
Anche Annibale Toffolo, editore e direttore della rivista di enogastronomia TasteVin, è intervenuto per invocare l’intervento di imprenditori: “Qualcuno deve salvare il locale. Non voglio essere irriverente, ma è come se chiudesse il duomo“. Per l’editore la causa della chiusura non è un modello di ristorazione ormai passato, ma è piuttosto la mancanza di stimoli. Beppo Zoppelli, delegato onorario dell’Accademia italiana della cucina, si dice amareggiato: “Temevo che sarebbe successo, provo una profonda tristezza. Non so cosa succederà, se Campeol chiuda, venda. Una sera stavo tornando in treno da Milano, qualche anno fa. Ho fatto quattro chiacchiere con due persone che sono salite a Verona, ho chiesto loro dove andassero. Andiamo a Treviso per mangiare pasta e fasioi alle Beccherie, mi hanno detto. Partivano da lì apposta.. Capisco che oggi gli agriturismi propongono lo stesso tipo di cucina a prezzi inferiori, ma dobbiamo metterci una mano sulla coscienza: se non mangiamo più in posti come le Beccherie, siamo destinati a perderli“. La cosa certa è che se ne va un pezzo di storia della città e non solo perché il ristorante aveva aperto nel 1939, nel cuore della città, ma anche perché il nome stesso, Beccherie, rimandava alla storia più antica, al macello e alle botteghe delle carni minute, che nel 600 e nel 700 erano attive dietro la piazza.