Roma, 13 marzo – «Alle note di questa canzone, … con la gente che vive qui intorno, … alla fine vogliamo spazzare, …i veleni ed i fumi di un forno.
No!, non ci fermate più, …vieni!, unisciti anche tu! …è un diritto per la vita, …che quest’aria sia pulita! Questo è un walzer che vuol pulizia, …anche fra chi ci vuol governare, …e ci lascia, indifesi, in balia, …di chi sporca e continua a sporcare.»
Le poche parole di questo moderno valzer scritto da Serafino Martella, poeta di Settecamini, testimoniano lo stato di disperazione e di pericolosità dei territori compresi nella Tiburtina Valley. Attivisti e cittadini si unirono in un comitato nel 2003, appoggiati da Niki Vendola, per denunciare e informare sui possibili effetti pericolosi dell’inceneritore Basf, ex Engelhard, In quel periodo furono raccolte più di tremila firme per la delocalizzazione dell’inceneritore. La petizione divenne un esposto in questura, che ben presto però archiviò tutto il fascicolo. Da allora sono passati 11 anni, in cui il comitato e i cittadini si continuano a battere per delocalizzare l’inceneritore di rifiuti tossici e pericolosi della Basf. Fra aule di tribunale, assemblee e piazze i cittadini hanno portato analisi e documenti di monitoraggio sull’inquinamento dell’aria che, se pur nei limiti, non sono compatibili con il territorio così densamente abitato. I dati epidemiologici hanno evidenziato dal 1987 al 2001 una mortalità negli uomini superiore del 30% alla media di Roma, e in particolare i tumori compatibili con la presenza di un inceneritore come i tumori Non Hodgkin e i tumori al cervello sono risultati rispettivamente +180% e +82%. Anche se le indagini epidemiologiche non hanno stabilito un nesso di causalità con lo stabilimento, i tumori al cervello tra i lavoratori sono stati +400% rispetto alla media di Roma. In una indagine ambientale anche la diossina è risultata da 5 a 20 volte superiore alla media di altri siti nazionale. Eppure la Provincia, che concede i permessi di smaltimento alla Basf, anche se finalizzati al recupero di metalli preziosi, e il Comune, che si dovrebbe occupare dell’urbanistica e della sicurezza, non sembrano minimamente preoccupati o interessati. Tanto che all’azienda è stato permesso di triplicare la quantità di rifiuti pericolosi trattati, passati da 240 tonnellate all’anno a 850. I rifiuti totali sono aumentati dalle 11oo tonnellate l’anno alle 1600 attuali. Inoltre la Basf ha ottenuto l’Autorizzazione Integrale Ambientale nel dicembre del 2011 anche in assenza del certificato anti-incendio, che è stato negato dai vigili del fuoco dal 2006 al 2012. Allo stato attuale risulta l’utilizzo da parte della Basf, a pieno regime produttivo, di 2.832 tonnellate l’anno di sostanze tossiche, nocive, infiammabili e pericolose (tra cui 1060 ton. di acidi cloridrico, acetico, formico e nitrico, 1.130 ton. di carboni e allumine, e 30 ton. del pericolosissimo Cloro). A queste sostanze si aggiungono anche 1.440 tonnellate l’anno di rifiuti tossici, nocivi e pericolosi provenienti dall’esterno, per la maggior parte catalizzatori esausti che vengono bruciati nell’inceneritore. Pertanto non si è tenuto conto, che dalla prima concessione alla Basf, la Tiburtina Valley è diventata una zona fortemente abitata e l’inceneritore si erge fra bambini che vanno a scuola e coppie a passeggio. Il comitato di cittadini continua a denunciare l’eccessiva disponibilità della Provincia ad accettare le richieste della Basf e ignorare le proprie opposizioni e le osservazioni. Solo lo scorso febbraio, gli assessori del comune di Roma Marino e Cutini, dopo le ripetute pressioni da parte di Cittadini e Comitati hanno chiesto maggiori chiarimenti sulle emissioni dell’inceneritore a tutte le Istituzioni competenti. La Provincia però è rimasta sul piede di guerra, accusando i comitati di fare allarmismi infondati e ricordando i posti di lavoro a rischio nel caso la struttura chiudesse. Lo scorso 9 marzo, dopo tre assemblee gremite, tenutesi rispettivamente a Case Rosse, Settecamini e all’Oasi (Parco Tiburtino) i cittadini si sono spostati nel centro di Roma, per sensibilizzare sia la città che gli organi competenti. In centinaia hanno sfilato a Piazza Santi Apostoli, di fronte a Palazzo Valentini, sede della Provincia. La richiesta era l’apertura di un tavolo di trattativa per delocalizzare l’inceneritore e trovare così un sito apposito, lontano sia dalle abitazioni che da aree protette. Lo slogan di quella giornata è stato: I fumi tossici dell’inceneritore Basf non sono solo un problema della Tiburtina Valley, perché le acque industriali scaricate nel fiume Aniene e poi nel Tevere non si fermano a Roma Est. Al momento però non ci sono state risposte o aperture da parte degli organi competenti, che continuano a non voler aprire una trattativa. Se la situazione non si sblocca i comitati sono pronti a tornare in piazza, di nuovo nel loro territorio, di nuovo sotto all’inceneritore.
[like-to-watch id=”dea31a628cb5f1eb7″ scheme=”default” likeurl=”CURRENT” videourl=”http://youtu.be/HcfWnb-FRiQ” width=”400″ height=”360″]video della manifestazione del 9 marzo a Palazzo Valentini