L’eccidio di Kindu non è soltanto una triste vicenda, ha anche dei contorni macabri, le vittime furono tredici aviatori italiani in spedizione per l’Onu, atterrati nel Congo, da dove non ripartirono più. I loro corpi furono barbaramente fatti a pezzi, per scopi cannibaleschi e stregoneschi.
L’arrivo in Congo – Lo scenario di Congo 1961, non era dei migliori. Da nemmeno un anno aveva ottenuto l’indipendenza dal Belgio, piombando successivamente in una feroce guerra civile, in questo contesto le Nazioni Unite decisero di inviare aiuti alle popolazioni civile. Aderì alla campagna di aiuto anche l’Italia, fu così che i tredici aviatori giunsero in Congo. Dopo le operazioni di scarico si avviarono verso un mensa, suggerita da alcuni uomini in divisa congolese.
Il massacro – Improvvisamente fecero irruzione una sessantina di soldati, alcuni cominciarono a indicare gli italiani, ordinando a altri queste parole “egorgez les cochons”, cioè “sgozzate quei porci”.
I tredici vengono portati fuori dalla mensa, poi vengono massacrati da calci e pugni, infine furono maciullati a colpi di mannaia in mezzo alla strada, che diventò preso un lago di sangue.
I corpi furono mutilati perché in Congo si praticava il cannibalismo, nei mercati si poteva comprare “carne di bianco” al costo di dieci franchi al chilo. Probabilmente altri pezzi del corpo, furono destinati ai riti di magia nera, trovando posto nei “dawa”, cioè dei sacchetti che fingono da talismani per i combattenti.
Il motivo per cui furono uccisi non è mai stato del tutto chiaro, l’ipotesi più comune è sempre stata quella di uno scambio d’identità, si pensò che gli italiani fossero belgi, in rivalità con certe fazioni.
Nel 1994, ai tredici aviatori vittime di questo ignobile massacro, fu riconosciuta la medaglia d’oro al Valor Militare, mentre i familiari delle vittime hanno ottenuto un risarcimento soltanto nel 2007
11 novembre 2014.