Erano le 10:25 del 2 agosto 1980 quando avvenne un atto terroristico a Bologna, meglio conosciuto come la strage alla stazione di Bologna. Nella sala d’attesa della seconda classe della stazione esplose una bomba (23 chilogrammi di esplosivo, una miscela di 5 chilogrammi di tritolo e T4, potenziata da 18 chilogrammi di gelatinato) dall’effetto devastante, tanto che arrivò ad uccidere ben 85 persone e causò il ferimento di altre 200.
La bomba venne collocata all’interno di una valigia e questa fu lasciata a circa 50 centimetri d’altezza su un tavolo porta bagli sotto il muro dell’ala ovest, proprio con lo scopo di aumentare l’effetto dell’esplosione.
La paura naturalmente fu immediata e dopo l’iniziale choc i servizi di sicurezza e quelli ospedalieri si attivarono per prestare i primi soccorsi; medici tornati dalle ferie, reparti chiusi riaperti furono le misure adottate e necessarie per permettere a tutte le vittime dell’attentato di ricevere aiuto. Importante fu anche l’aiuto dei cittadini e dei viaggiatori presenti sul luogo, che prestarono soccorso e collaborarono per estrarre le persone sepolte dalle macerie. L’intera zona della stazione fu liberata dalle auto parcheggiate e tutti iniziarono a partecipare per aiutare che ne aveva bisogno.
Nei giorni successivi la centrale Piazza Maggiore si trasformò poi in teatro di grandi manifestazioni di sdegno e di protesta nei confronti degli attentatori, ancora sconosciuti, e nei confronti dei rappresentanti del Governo, intervenuti solo dopo giorni. L’unico a essere stato accolto con rispetto dai cittadini fu Sandro Pertini, all’epoca presidente della Repubblica, arrivato il giorno stesso alla strage alla stazione di Bologna.
Le cause dell’esplosione non vennero capite subito e, infatti, all’inizio fu presa in considerazione l’ipotesi dell’incidente tecnico, che avrebbe causato l’esplosione delle caldaie della stazione. Cossiga, invece, al tempo presidente del Consiglio, negli anni ha diede diverse versioni sulla causa dell’esplosione: prima disse che si trattava di un incidente fortuito anche lui, ma questa tesi fu smentita dopo poco grazie all’inizio delle indagini dei carabinieri e della polizia, dalle quali poi emerse la vera causa: un evento doloso che portò a pensare a un attacco di stampo fascista.
Con grande fatica, a causa della disinformazione e dei depistaggi si giunse alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione il 23 novembre 1995, soprattutto grazie alla spinta civile dell’associazione tra i familiari delle vittime alla strage alla stazione di Bologna. Riconosciuti come esecutori dell’attentato, Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, neofascisti dei NAR, furono condannati all’ergastolo (i due si sono dichiarati sempre innocenti, anche se hanno ammesso altri omicidi), mentre l’ex capo della P2 Licio Gelli, l’ex agente SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Giuseppe Belmonte e Pietro Musumeci subirono una condanna con l’accusa di aver depistato le indagini.
Il 9 giugno 2000 furono condannati anche Massimo Carminati, estremista di destra, 9 anni di reclusione per lui, Federigo Mannucci Benincasa, ex direttore SISMI, quattro anni e mezzo da scontare, Ivano Bongivanni, legato anche lui alla destra extraparlamentare, e Ivano Ciavardini, 30 di carcere confermati nel 2007 nonostante il suo dichiararsi innocente.
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