Roma, 27 gennaio – E’ un film del 2008 diretto e sceneggiato da Mark Herman, ed è il titolo del romanzo scritto da John Boyne, ambientato nel 1940 . Bruno, un bambino di appena nove anni, è costretto a trasferirsi con la famiglia in campagna, a causa del padre, un soldato nazista. Il piccolo ha un solo desiderio, quello di tutti i bambini: giocare. Ama molto i libri, soprattutto quelli di avventura, fantasia e scoperte e rimane rattristato quando suo padre lo porta via dalla sua casa per andare a vivere altrove, in una zona di campagna. Dopo aver vissuto in un palazzo di Berlino, il padre-padrone decide che tutta la famiglia si dovrà trasferire ad Auschwitz (luogo di cui Bruno non riesce a pronunciare bene il nome, e quindi lo chiama “ausviz”). Confuso e molto triste per la sua nuova casa, il bimbo passa il suo tempo chiuso nella sua stanza, senza amici con cui giocare e senza compiere esplorazioni e scoperte che sono proprio la sua grande passione. Dalla finestra della sua cameretta, Bruno vede delle persone all’interno di un recinto con addosso un pigiama a strisce; non sa che sono ebrei rinchiusi in un lager. Un pomeriggio Bruno si avventura alla scoperta degli “uomini in pigiama“, arrivato al recinto di filo spinato si accorge di Shmuel, un bambino ebreo dall’altro lato della rete, e fa conoscenza con lui. Tra i due bambini inizia un’amicizia profonda, sincera, commovente, fatta di viste quotidiane e chiacchierate, ma il tempo di permanenza della famiglia di Bruno ad Auschwitz è in scadenza e il ritorno a Berlino è imminente. Ad Auschwitz non c’erano bambini, in quanto venivano subito uccisi, all’arrivo. Nella trama del film, Bruno, soltanto più tardi comprende che si tratta di un campo di concentramento dove gli ebrei, considerati dai Tedeschi una razza inferiore di cui liberarsi, vengono uccisi in camere a gas o bruciati nei forni crematori. La mamma di Bruno cerca di andare contro gli ideali nazisti del marito, ma non riesce a contrastarlo; perciò decide di tornare con i figli a Berlino, quindi la partenza si fa sempre più vicina. Bruno deve salutare per l’ultima volta il suo amico. Smhuel è particolarmente triste, perché non riesce a trovare suo padre. Bruno, allora, pensa di aiutarlo. I due bambini si mettono d’accordo per il giorno successivo: Smhuel porterà un pigiama a Bruno che andrà dall’altra parte della rete per cercare il padre del suo amico. Il giorno successivo piove moltissimo, ma la pioggia non ostacola i piani dei bambini. Bruno va da Smhuel, oltrepassa il recinto, indossa il pigiama e si inoltra nel campo in cerca del padre dell’amico. All’improvviso i ragazzi vengono coinvolti in una marcia, che li porta in una stanza buia dove entrambi trovano la morte, mano nella mano.subito uccisi. Bruno ha così deciso di sfidare l’imposizione materna e l’odio che suo padre gli ha istigato, superando ogni tipo di barriera, pregiudiziale e di cuore, cosa alquanto tenera e difficile, vista anche l’età, e deciderà soprattutto di superare una recinzione ancora più dura e difficile di ogni barriera e filo spinato, quella razziale, a costo della sua stessa vita.
Di Alessandra Paparelli