Roma, 8 marzo – Inaugurata nel pomeriggio di venerdì 7 marzo presso la Sala Santa Rita in via Montanara 8, la mostra “Zitta tu… non parlare!” dedicata alle opere di Tomaso Binga – pseudonimo maschile scelto nel 1970 da Bianca Menna in polemica con il privilegio maschile nel campo artistico – figura dirompente del femminismo poetico-storico italiano ed impegnata da decenni sul fronte dell’emancipazione dell’artista nella consapevolezza di essere donna e femminista.
Aperto al pubblico fino al 9 maggio, l’allestimento fa parte di una ricca programmazione offerta dagli spazi culturali di Roma Capitale in occasione della Giornata internazionale della Donna e che coinvolgono anche la Casa della Memoria e della Storia, il Nuovo Cinema Aquila, la Casa dei Teatri e la Casa delle Letterature. Tante occasioni per riflettere sul percorso dei movimenti delle donne nel nostro Paese.
“Tomaso Binga come un aedo omerico rivaluta e ripropone i valori ritmici e timbrici della parola”, introduce ai suoi lavori Stefania Zuliani, professore associato del Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università di Salerno, “per dare calore e colore alle armonie del verso dove il significato e il significante si intrecciano e si alternano in un continuo e controllato gioco di prevaricazioni. Ironia e grottesco, denuncia e dissacrazione, non sense e luogo comune sono gli ingredienti principali delle sue poesie performative che con la poesia sonora si arricchiscono dell’energie corporea necessaria a stabilire un tramite più diretto tra il testo ed il fruitore”.
Nata a Salerno nel 1931, Bianca Menna si occupa di scrittura “verbo-visiva” ed è tra le figure di spicco della poesia “fonetico-sonora-performativa” italiana. Dagli anni Settanta, come Tomaso Binga partecipa attivamente a tutte le battaglie per i diritti dei più deboli, delle donne e degli artisti con l’Associazione Culturale Lavatoio Contumaciale, che diresse dal 1974, e della Fondazione Menna di cui è vicepresidente dal 1992.
“Nell’analizzare i condizionamenti, le frustrazioni, i tabù che hanno determinato nei millenni la dipendenza della donna dall’uomo, mi è sembrato di trovare nel linguaggio le forme grammaticali che hanno inabissato la nostra condizione femminile”, spiega Tomaso Binga. “Lavorare sulle parole e sulle loro declinazioni, prima con una scrittura dilatata, devastata, scarnificata, poi con il mio corpo e la mia voce, ha significato per me compiere un lavoro di scavo in grado di portare allo scoperto le ideologie della repressione e del potere sulla condizione delle donne, sulla distruzione della natura, sull’alienazione del mondo del lavoro”.
Prossimi appuntamenti collaterali presso la Sala Santa Rita:
Dopo l’esibizione di Tomaso Binga dell’inaugurazione del 7 marzo,
-giovedì 13 marzo ore 18.30 Letture poetiche di Edda Billi e poesie sonore di Tomaso Binga
-giovedì 20 marzo ore 18.30 Conversazione su arte e femminismo in Italia dagli anni ’70 con Cloti Riccardi, Tomaso Binga, Suzanne Santoro, modera Raffaella Perna