Roma, 30 ottobre – Chiude Sportitalia. All’improvviso. Un fulmine a ciel sereno si abbatte sull’emittente televisiva, visibile sul digitale terrestre sui canali 60, 61 e 62 gettando ombre funeste sul futuro di oltre trenta colleghi giornalisti. È Il Fatto Quotidiano a lanciare sul suo sito la notizia. Ancora quarantotto ore di repliche, poi dal primo novembre un cartello campeggerà sui televisori degli spettatori che, nel giro di pochi anni, avevano iniziato ad apprezzare il lavoro della redazione sportiva fondata nel 2004 da Tarek Ben Ammar, possessore del marchio e finanziere tunisino già nell’orbita di Berlusconi, oltreché suo socio. Giornalisti increduli che, fra due giorni, si ritroveranno su piazza, senza sapere cosa sarà del loro avvenire.
È l’epilogo già scritto di una gestione poco chiara che ha iniziato a fare acqua qualche tempo fa, quando la società che gestiva i tre canali sportivi passò nelle mani di Bruno Bogarelli, grazie alla sua società Maroncelli 9. Il fallimento, poi, è giunto quest’estate con la creazione di due nuove aziende: la EDB Media e la EDB Service. Molti i nomi, pochi i soldi. Figurarsi i progetti per il futuro. La funzionaria della CGIL che sta seguendo la vertenza, Mimma Agnusdei, denuncia la situazione: «Sono scatole vuote. Società piene di debiti prese attraverso una procedura fallimentare. E non si sa con quale disegno dietro».
Tutto è precipitato nel corso di quest’estate, quando è entrato in scena il secondo sodale di Berlusconi, Valter La Tona, il quale ha rilevato il tutto per mano della LT Multimedia. Non si tratta di un nuovo avventore, bensì di un ex uomo della Fininvest, noto alle cronache per aver portato l’Auditel in tribunale per abuso di posizione dominante. Secondo la sua tesi cercava di tutelare le attività della concorrenza. O più precisamente le sue, essendo editore di Alice, Arturo, Leonardo, Marcopolo e Nuvolari. Nel giro di poco tempo ha aggiunto alla sua scuderia tre nuovi canali dedicati al calcio, agli sport olimpici ed ai motori che si chiameranno LTSport 1, LTSport 2 ed LTSport 3. Per il momento questi sono solo visibili in via sperimentale sulla piattaforma Tivusat, ma a breve questi dovrebbero rimpiazzare i tre canali di Sportitalia in chiaro. Tuttavia, neanche in questo caso se ne conosce la tempistica. E, come se non bastasse, a peggiorare ulteriormente la situazione ci si è messa una controversia sulla riscossione della pubblicità che ha costretto in tribunale i protagonisti di questa vicenda.
Tuttavia, sembra ben chiaro il progetto che ha mosso i fili di questa operazione: “portare a compimento” i tre canali per sbarcare sul digitale terrestre attraverso le frequenze lasciate libere dalla chiusura di Sportitalia. Spettatori impotenti e vittime sacrificali di questa operazione, purtroppo, sono gli ottanta lavoratori delle reti che furono di Ben Ammar, compresi i trenta redattori che hanno subito il passaggio da un proprietario all’altro senza essere minimamente interpellati. Ora si teme il licenziamento, come colpo di grazia definitivo per completare il passaggio da un’azienda all’altra. Nel frattempo, negli ultimi giorni si è lavorato senza agenzia, né telefono, né internet: praticamente impossibile. Oggi, fisiologico e giustificato, è scattato lo sciopero in blocco: nessun turno né per oggi, né per domani. Un giornalista in presidio sotto la sede di via Tazzoli a Milano ha spiegato la situazione: «Ieri c’è stata un’assemblea con i rappresentanti della nuova proprietà. Ma non ci hanno dato nessuna risposta: l’unica cosa certa è che Sportitalia chiuderà venerdì primo novembre. Sul passaggio ai nuovi canali, invece, tutto tace. Non si sa quanti dipendenti saranno ricollocati, non si sa se la sede sarà Milano o Roma. Non si sa nemmeno se avremo gli stipendi arretrati».
Alla ricerca di ulteriori chiarimenti, nessuna dichiarazione è stata rilasciata ai colleghi del sito ilfattoquotidiano.it, tant’è che lo staff di La Tona preferisce mantenere la riservatezza: «Vista la complessità della situazione». Nel frattempo la Agnusdei accusa: «I giornalisti sono stati completamente abbandonati. Al tavolo, ieri, non c’era la proprietà, ma una società di ristrutturazione incaricata di trattare con noi. Dicono che stanno lavorando a un progetto di riconversione editoriale, hanno chiesto qundici giorni di tempo. Ma le chiacchiere, come si dice, stanno a zero. Vogliamo delle risposte per i dipendenti».
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it