Roma, 28 ottobre – Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, lancia un grido di speranza: «C’è una generazione di giovani che non si rassegna a lasciare l’Italia per costruirsi un futuro. Anzi, c’è una generazione di giovani non si arrende al vento della protesta, ma si rimbocca le maniche e guarda con coraggio al domani». È nell’assemblea in corso a Genova che viene effettuata questa fotografia dell’imprenditoria italiana: su quasi trecentomila imprese (296.008) nate tra il mese di gennaio e la fine di settembre, oltre centomila (100.321, il 33,9%) sono guidate da uno o più giovani sono i trentacinque anni. Il dato che sorprende positivamente ancor di più è rappresentato dal Sud, il quale spicca per la sua vitalità imprenditoriale: difatti, il 38,5% di queste nuove imprese giovanili ha sede dal Mezzogiorno in giù e quasi quarantamila (38.608) sono state aperte negli ultimi nove mesi.
Il settore del commercio rappresenta la meta preferita da parte dei giovani imprenditori, settore nel quale sono individuate le maggiori possibilità di successo (il 20,5% delle neo-imprese giovanili vi opera), seguito da quello delle costruzioni (9,4%) e dei servizi di ristorazione (5,6%). Nella stragrande maggioranza dei casi, queste sono ditte individuali (76,8%), la quale rappresenta la forma più semplice, ma anche la più fragile per operare sul mercato. Solo il 15,6% ha scelto la forma della società di capitale, più idonea a sostenere progetti di sviluppo ambiziosi, come viene sottolineato durante la conferenza.
Secondo Dardanello, i nuovi imprenditori sono: «Giovani che escono dal mondo della scuola ma anche, spesso per colpa della crisi, dal mondo del lavoro e che hanno trovato la forza di puntare su un’idea e sulle proprie competenze. A questi italiani dobbiamo intanto dire grazie per l’esempio che danno. Ma soprattutto dobbiamo creare le condizioni per aiutarli a realizzare il loro progetto di vita».
La lente d’ingrandimento viene puntata sul dato che sottolinea come sia grande il numero di micro e piccole imprese individuali, soprattutto al Sud. Per questo, lo stesso Dardello evidenzia così il dato: «Si tratta di due condizioni difficili per affermarsi. Per sostenerli abbiamo il dovere di dare loro un Paese più moderno e quindi digitalizzato, più efficiente e perciò più credibile e capace di attrarre intelligenze e investimenti, più meritocratico e dunque più libero e rispettoso delle persone, capace di valorizzare le loro competenze nell’interesse di tutti».
Tuttavia il buon dato sul fronte dell’imprenditoria giovanile, non può far dimenticare che il saldo tra aperture e chiusure d’imprese nel terzo trimestre è stato pari a + 12.934 unità ed è il più basso della serie degli ultimi dieci anni: a determinarlo 76.942 iscrizioni di nuove imprese (+ 1.923 rispetto allo stesso trimestre 2012) e 64.008 cessazioni di esistenti (+ 3.498 unità sull’anno scorso).