Quest’anno le proposte sono state diverse ed è con la voglia di destare l’attenzione nei confronti di un’arte troppo spesso relegata agli scaffali, che abbiamo voluto affidarci ad una scrittrice di rilievo come Marcella Leonardi; la nostra direttrice artistica della sezione letteraria non ha solamente selezionato i vincitori, ma ci ha regalato una breve introduzione agli scritti per spiegare le motivazioni della scelta. I testi, oltre alla pubblicazione su questo sito, saranno disponibili durante i giorni del IV Festival Horror Indipendente INTERIORA.
Ma ora spazio ai nostri vincitori!
“La forza del testo risiede nella sua semplicità consapevole ed armonica, che ne aumenta il potere evocativo. L’autore sceglie figure archetipiche del genere horror, rielaborate con stile efficace, cristallino, netto. Questa essenzialità pulita opera quasi una ferita nelle fantasie del lettore, chiamato a colmare i brevi lampi narrativi con tutta la sua immaginazione. Un piccolo classico che lascia il segno, con umiltà e naturale eleganza.”
Mi chiamo Arianna e avevo quindici anni quando sono morta. Quanto è passato, non saprei dirlo. Il concetto di tempo non ha più molto significato per me. So solo che da allora sono bloccata qui, in questa casa che mi ha visto crescere, piangere e ridere. E che mi ha visto andar via solo per restarne nuovamente intrappolata.
Avevo tanti bei sogni, io. Ma non come la maggior parte delle ragazzine della mia età. Non mi importava diventare attrice, velina, ballerina. Volevo viaggiare, vedere con i miei occhi quel mondo che ammiravo sui libri e in televisione. Avrei voluto imparare tutte le lingue della Terra. Avrei voluto una famiglia tutta mia, quella che mi era stata negata da un’infanzia di violenze e percosse.
Mia madre è morta che io ero piccola. Me la ricordo appena. In casa non ci sono sue foto. Lui non ne ha mai volute tenere.
Lui.
All’inizio era buono. Mi chiamava la sua principessa. Mi sentivo importante.
Ma poi sono cresciuta, e lui è cambiato.
Il suo sguardo mi metteva i brividi.
Entrava in camera mia mentre dormivo, di notte. Quando sentivo la porta aprirsi iniziavo a tremare e mi raggomitolavo in un angolo. Ma lui mi trovava sempre.
Fino a quella notte.
Ho sentito i suoi passi pesanti avvicinarsi.
Mi sono nascosta dietro alla porta, nelle mani stringevo il coltello che avevo rubato dalla cucina. Appena entrato l’ho colpito alla schiena con tutta la forza di cui ero capace.
Ha urlato di dolore.
Ha urlato talmente forte che, per lo spavento, ho perso la presa sul coltello.
È stata la mia fine.
Mentre mi teneva immobilizzata sul letto e mi soffocava con il cuscino gridandomi “puttana!”, riuscivo a pensare solo a mia madre. L’avrei rivista, finalmente.
Invece la mia sofferenza era appena iniziata.
“Tre versi, capaci di un respiro poetico.Una musica, una visionarietà, e una fragile malinconia; e una rabbia non trattenuta, che si placa nella bellezza di un fiore.”
senza arpeggi di parole
se ne sta li a giocare con un fiore