New York, 28 novembre – Non accadeva dal 2000. Sono passati ben tredici anni dall’ultima volta che l’indice NASDAQ ha superato i 4.000 punti. Erano i tempi della bolla speculativa della New Economy, della prima ondata d’innovazioni legate alla rivoluzione di internet ed al passaggio al nuovo millennio. Poi, il crollo verticale. Ma si sa, il classico andamento economico porta ad una certa ciclicità, tant’è che nella giornata di ieri si è tornati agli euforici livelli di scambio di quasi quindici anni fa. Quest’evenienza, comunque, scatena reazioni contrastanti ed interpretazioni opposte: si tratta della conferma dell’uscita degli USA dal tunnel della crisi o si tratta semplicemente dell’ennesima bolla speculativa destinata ad esplodere, compiendo nuovi danni?
Tuttavia c’è da sottolineare come anche gli altri titoli di borsa stiano schizzando al rialzo. Una consistente spiegazione sta nel sistema “drogato” dalla Federal Reserve, la quale sta stampando moneta à go-go. La performance annuale del NASDAQ (+33%) ha superato di gran lunga quelle del Dow Jones (+23%) e dell’indice Standard&Poor’s (+26%). Dunque, sembra quasi di rivivere l’Età dell’Oro che la Silicon Valley conobbe alla fine degli anni Novanta. I protagonisti, però, sono nuovi, rampanti e, soprattutto, giovanissimi.
Oggi come allora, si stanno moltiplicando in maniera esponenziale i collocamenti in Borsa di aziende nate solo qualche anno fa. Un esempio su tutti è rappresentato da Twitter: la piattaforma di micro-blogging è stata venduta al pubblico per una capitalizzazione ben superiore ai due miliardi di dollari. Tutto ciò è accaduto mentre lo stesso Twitter non ha ancora realizzato alcun profitto. Una valutazione del genere può essere legata esclusivamente alle aspettative future? Forse appare un’esagerazione.
Ma in perfetto stile stelle e strisce c’è ben di peggio. Avete mai sentito parlare di Snapchat? No? Bene! La nuova applicazione per smartphone ha creato un vero e proprio “caso”, in quanto essa consente di inviare foto agli amici con una particolare caratteristica: esse si dissolvono dopo averle guardate! Sconcertante per alcuni, una manna dal cielo per tutti i futuri adulti che, magari, si pentiranno in futuro di aver disseminato immagini di cui potrebbero pentirsi. La cosa sconcertante è che Snapchat non ha prodotto un solo centesimo di profitto e non ha neanche fatturato.
Ciononostante, i suoi fondatori si sono sentiti bussare alla porta colossi come Facebook o Google, desiderosi di acquistare la loro applicazione. Ancor più incredibile è il fatto che questi abbiano detto di no ai miliardi loro offerti, ben certi che la loro start-up varrà molto di più in futuro. Anche l’investitore di venture-capital che ha contribuito alla fondazione di Snapchat, Bill Gurley della Benchmark, ha confessato tutti i suoi dubbi al New York Times: «Ogni giorno che passa mi sembra sempre più simile al 1999».
Ossia quel che rimane di una data speciale e storica, nella memoria della Silicon Valley, la quale fu “graziata” dal Millennium Bug. Il baco del millennio spinse le aziende di tutto il mondo a rinnovare i loro software per proteggersi dal rischio del tanto temuto black-out del 31 dicembre. Gli investimenti in programmi informatici si moltiplicarono a più non posso, a tutto vantaggio dei colossi di allora: Microsoft, Cisco, Oracle, Adobe, Qualcomm. Le quotazioni di queste volarono alle stelle per tutto il 1999 per poi conoscere una leggera flessione con l’inizio del 2000, finché non ci fu la vera e propria discesa agli inferi del NASDAQ nel mese di marzo.
Il traguardo superato dei 4.000 punti è importante, ma non rappresenta il record assoluto. Difatti, all’apice della bolla nella prima New Economy, questo indice aveva raggiunto 5.048 punti. Per arrivare fin là e recuperare anche l’inflazione, si dovrebbe fare ancora molta strada. Tuttavia, questo è un aspetto che rassicura gli ottimisti ed i tanti investitori che rovesciano ordini di acquisto in Borsa. Tutti sono ben convinti di essere lontani dai rischi speculativi di tredici anni fa.
Nel frattempo è anche cambiata la Silicon Valley e tutto ciò che fa innovazione. Un’analisi del Wall Street Journal mette a fuoco la metamorfosi del NASDAQ. I titoli di pura tecnologia che ne costituivano la maggioranza (66% della capitalizzazione nel ’99) oggi pesano meno del 45%. È aumentato il peso di aziende specializzate nei servizi come Amazon, colosso della vendita online. Oppure Netflix, che affitta DVD per posta o sempre più spesso li noleggia in streaming.
Più della tecnologia pura, come i server informatici o le fibre ottiche, a trainare la rimonta del NASDAQ oggi sono aziende che usano metodi hi-tech al servizio del consumatore. Sono le applicazioni, più dei prodotti hi-tech, la locomotiva dei rialzi. È anche un mondo molto “leggero”, dove creare start-up costa una frazione degli investimenti che erano necessari negli anni Novanta. Anche per questo il volume del venture-capital mobilitato nella Silicon Valley è lontano dai record.
Per la California tutta la storia economica è un susseguirsi di cicli “boom-and-bust”. Di recente è riapparso sui parafanghi delle auto (ibride) guidate dai giovani creativi di Palo Alto lo slogan “Dio per favore mandaci un’altra bolla”. La speranza dei più, è che questo non sia ancora un 1999 bensì un 1996. In quell’anno l’economista Robert Shiller coniò l’espressione “esuberanza irrazionale”, poi ripresa dal presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan.
Fonte: La Repubblica