Roma, 15 novembre – Vedi Napoli e poi muori, non c’è nulla di più vero ma meno che mai poetico in questa frase. Da anni i comitati cittadini denunciano l‘inquinamento delle acque e delle terre nella città partenopea e in tutta la Campania. «Non solo Casal di Principe, ma anche i paesi vicini sono stati avvelenati. Gli abitanti rischiano di morire tutti di cancro, avranno forse vent’anni di vita» sono le parole del camorrista Carmine Schiavone. Ma ben poco è stato fatto dalle istituzioni italiane, neppure uno studio per capire quali possano essere i reali rischi per la popolazioni di quelle terre. Gli americani invece preoccupati per la salute dei suoi militari e delle loro famiglie lo studio l’hanno fatto e anche approfondito. Quello che ne esce è un vero e proprio grido d’allarme. Le conclusioni di questa ricerca, realizzata dal comando dell’Us Navy di Napoli, sono state rese note da diversi mesi e sostanzialmente ignorate dalle autorità italiane. I ricercatori statunitensi hanno condotto per due anni moltissimi esami, costati 30 milioni di dollari. Dal 2009 al 2011 è stata scandagliata un’area di oltre mille chilometri quadrati, analizzando aria, acqua, terreno di 543 case e dieci basi statunitensi alla ricerca di 214 sostanze nocive. Secondo lo studio ci sono zone rese inadatte alla vita. Ci sono pericoli anche nel centro città di Napoli e persino nelle ville di Posillipo. Le falde acquifere sono inquinate. Anche negli acquedotti pubblici l’acqua, che si infiltra dai pozzi, è inquinata da una sostanza usata come solvente industriale – il Pce o tetracloroetene – considerato a rischio cancro. Per questo si raccomanda l’uso di acqua in bottiglia, persino per lavarsi i denti. In ultimo il dato più inquietante il rilevamento dell’uranio. Gli esami lo individuano in quantità alte ma sotto la soglia di pericolo nel 31 per cento delle case servite da acquedotti: ben 131 su 458.
Fonte: L’Espresso