Roma, 2 dicembre – È rimasto uno degli ultimi baluardi del “piacere” quotidiano. Anche in tempo di crisi e restrizioni, il caffé al bar rappresenta uno dei pochissimi capricci che resiste alle circostanze. Per i romani, poi, diventa quasi irrinunciabile. A qualunque prezzo. Si vai dai 70 centesimi di San Lorenzo ai quattro euro di via Veneto. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Ma spesso la tazzina di caffé rappresenta un vero e proprio termometro della “crisi in strada” e la Capitale non fa eccezione.
I prezzi, comunque, appaiono contenuti, attestandosi sugli ottanta centesimi di media, tranne qualche rarissima eccezione. Addirittura, c’è ancora chi può scegliere di gustarla comodamente seduto al tavolino, ma c’è anche chi resta costretto a sorseggiarlo in piedi al bancone del bar.
Nell’inchiesta condotta da Repubblica, spicca all’occhio la differente modalità con la quale i gestori fanno salire prezzo di una tazzina sino a due euro. Ma i proprietari si giustificano con la particolare cura ed attenzione che viene data al cliente. Talvolta, qualcuno non fa neanche differenza «Una tazzina bevuta al banco o al tavolo costa uguale». È la politica del bar “San Calisto”, a Trastevere, dove il proprietario Valerio Forti spiega che il caffé costa 80 centesimi invece di 70 come qualche anno fa: «Ci siamo dovuti adattare, il momento storico è particolare e le spese sono tante».
Una situazione ben differente quella che si respira nella zona di piazza Bologna, dove alla “Casina dei Pini”, all’interno del parco di Villa Massimo, un caffé al tavolo costa ben 2,20 euro. Secondo Valmer, il cameriere, non c’è nulla di male: «È un prezzo più che adeguato considerando il servizio ed il posto». All’antico “Caffé Castellino” di piazza Venezia, invece, viene ancora utilizzato lo “sconto per i lavoratori”. Il proprietario Massimo Muffato fa pagare 90 centesimi invece di un euro: «È il nostro modo per andare incontro ai consumatori».
La crisi si respira anche a due passi dal Vaticano e gli esercenti sono concordi nel dire: «Sono aumentate le tasse e non c’è più il turismo di una volta. Siamo costretti a lasciare il prezzo del caffé ad un euro ed anche dopo l’elezione di Papa Francesco i consumi stentano ancora a tornare ai livelli di otto anni fa».
Ma qual è uno dei più economici? È il “C’era una Volta” di San Lorenzo, dove il proprietario Diego racconta: «Il caffè da noi? 70 centesimi. Teniamo un prezzo basso perché ormai il quartiere è diventato una zona universitaria e gli studenti non sono molto felici di pagare 20 centesimi in più». Medesima filosofia anche nel quartiere del Pigneto ed in tutta la zona nei pressi della stazione Termini, dove la media non supera gli 80 centesimi. Uno degli esercenti, con tono sarcastico ammette: «Se aumentiamo i costi, chiudiamo dopo una settimana».
Dunque, bisogna combattere la crisi ed i proprietari dei locali della Capitale, dal centro alla periferia (nessuno escluso) deve adattarsi alle circostanze. Ecco perché il costo medio per un buon caffé rimane inferiore ad un euro. Uno dei pochi piaceri della vita ancora alla portata di (quasi) tutti.