Roma, 8 gennaio – Si chiama diritto di cronaca ed è sancito dall’Art.21 della Costituzione Italiana e dall’Art.19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Eppure capita qua e la che qualche illustre personaggio politico, che infastidito da qualche fuga di notizie, decida di bloccarlo. Da ieri le porte di Palazzo Senatorio sono, infatti, chiuse ai giornalisti che, diversamente da ciò che avveniva prima, devono attendere gli addetti ai lavori all’ingresso. Il sindaco, Ignazio Marino, si sarebbe irritato per le fughe di notizie e il via vai dei cronisti nei corridoi del Comune di Roma. La ripresa del nuovo anno è coincisa con alcuni nodi importanti da affrontare, quali la questione della nomina dei vertici Ama e del bilancio 2014. Inoltre gli assessori sono stati “pregati” di essere maggiormente incisivi sul loro operato e più discreti. Quello che si vuole garantire è la “riservatezza” degli incontri privati del primo cittadino e dei suoi assessori e si stanno studiando alcune ipotesi fra cui una modalità d’accesso simile a quella utilizzata alla Camera dei deputati e al Senato: quindi una lista di giornalisti accreditati con dei pass “fissi”. Immediata la reazione e le critiche. «Tenere la stampa fuori del Campidoglio – sostiene Dario Rossin, segretario d’Aula dell’Assemblea Capitolina – è l’inizio della fine del sindaco. Marino teme per la fuga di notizie e incolpa i giornalisti ai quali impedisce di lavorare in quella che dovrebbe essere casa di tutti i romani, il Campidoglio, e non proprietà del sindaco, il quale dovrebbe temere più i telefoni della sua maggioranza dal quale presumibilmente escono notizie a lui sgradite, piuttosto che altre orecchie indiscrete». «Fatto sta – conclude – che con decisioni dispotiche e antidemocratiche come questa il Campidoglio rischia di trasformarsi nel Cremlino della vecchia Urss un colpo durissimo al pluralismo d’informazione e alla dignità di Roma Capitale».