Roma, 31 gennaio- Nella serata di ieri il programma Servizio Pubblico ha ospitato in studio Vincenzo Scarantino, ex collaboratore di giustizia sulla strage di via d’Amelio. L’uomo testimoniò sulla morte di Borsellino, accusando se stesso e gli altri presunti assassini. La sua collaborazione permise di effettuare arresti e condanne, ponendo fine ad una delle pagine più buie della nostra storia. Poi la sorpresa, Scarantino ritrattò tutto, denunciando poliziotti e magistrati che lo avrebbero costretto a testimoniare cose che non aveva mai fatto, nè mai visto. Questa è la storia raccontata ieri da Scarantino durante la puntata intitolata Stato criminale. Abituati al tenore degli argomenti trattati da Michele Santoro ( a volte fortemente dissacratori ) nessuno si sarebbe stupito, se la serata non fosse finita tragicamente per il testimone. Terminata la trasmissione Scarantino doveva essere riaccompagnato al suo albergo da una macchina con autista dello staff di Santoro, ma in albergo non ci è mai arrivato. Appena voltato l’angolo degli studios di Cinecittà, l’auto è stata fermata da due volanti della polizia, identificatesi come squadra mobile di Torino. Gli uomini hanno perquisito la vettura e arrestato Scarantino. Sembra che l’accusa a lui rivolta sia violenza sessuale ai danni di una donna affetta da gravi disabilità, in una comunità, vicino Torino. L’accusa sembra confermata dal personale della struttura. Certo stupiscono le modalità dell’arresto, subito dopo le gravi accuse di maltrattamenti e costrizioni lanciate dall’ex pentito. Gli investigatori si sono giustificati sostenendo che l’uomo era irreperibile da due mesi e si è proceduto immediatamente all’arresto per non perdere di nuovo le sue tracce. Certo è vagamente inquietante che i giornalisti di Servizio Pubblico siano riusciti a scovare Scarantino per intervistarlo e invece la polizia non fosse in grado di trovarlo.
di Elisa Bianchini