600 mila euro di buco nel bilancio del Partito Democratico relativo al 2012, 1,6 milioni se consideriamo il quadriennio che partiva nel 2009. Secondo il regolamento previsto dallo statuto, ogni eletto della principale forza del centrosinistra in qualsiasi istituzione dovrebbe versare nelle casse un contributo pari a 1500 euro mensili, pena l’incandidabilità o addirittura l’espulsione. Ma “molti pagano meno e male”, lancia l’allarme Francesco Bonifazi, il tesoriere di via del Nazareno. Tra i morosi anche un nome d’eccezione, il primo cittadino di Roma, Ignazio Marino.
E le cose non vanno meglio nemmeno a livello locale, a Milano mancano 300 mila euro, per lo spostamento di alcuni eletti nella Capitale che hanno poi fatto mancare il loro apporto alla direzione del Pd lombardo, come l’ex presidente della Rai Zaccaria e l’ex ministro Treu. In una circolare dello scorso giugno, gli allora tesoriere e presidente della commissione nazionale di garanzia, Antonio Misiani e Luigi Berlinguer, invitarono gli amministratori territoriali a maggiore attenzione per “segnalazioni in merito al mancato o irregolare versamento dei contributi” e a “raccogliere i nomi degli inadempienti”. Inutile dire come il documento sia stato completamente ignorato, anche per evitare punizioni di massa.
Tra i coinvolti anche Furio Colombo, editorialista del Fatto Quotidiano, giornale che ha lanciato la notizia, ma la situazione è in questo caso diversa, da non iscritto al partito, Colombo non ha infatti l’obbligo di concorrere al finanziamento del Pd. E analogo discorso va fatto per l’oncologo Umberto Veronesi. Ma le informazioni che pervengono dal capoluogo lombardo sono ancora “frammentarie e non complete”, lamenta la commissione nazionale di garanzia. La prospettiva è di risolvere il problema con la nuova commissione in carica dall’avvento di Matteo Renzi, guidata dal viceministro dell’economia Morando.
Roma, 31 marzo