Roma, 28 ottobre – L’irruzione di Spotify nella quotidianità del cyberspazio ha cambiato la vita di molti. Infatti, sembra tutto pronto per la svolta a pagamento di YouTube. Il servizio rivoluzionario che ha cambiato il modo di usufruire della musica sta facendo scuola ed a breve un altro big si appresta ad imitare il suo metodo. Stando alle diverse indiscrezioni filtrate da Billboard, sembrava che la piattaforma di Google stesse lanciando l’assalto ad un servizio di video on-demand. E più passano le ore, più pare che l’ora della svolta si avvicini. Con l’approssimarsi del periodo natalizio, l’ora del lancio del nuova modalità si avvicina. Altresì, sembra farsi spazio l’idea che il cambiamento sia più ampio e radicale per scendere in campo, agguerriti più che mai, contro i competitor in streaming come lo stesso Spotify, Deezer, iTunes Radio, Pandora ed altri. Una nuova applicazione, del tutto ridisegnata ed attraente.
D’altronde, un passo verso questa direzione era già stato fatto lo scorso mese di maggio con l’apertura del Google Play All Music Access. Anzi, è proprio su quella base, e sugli accordi con le major discografiche, che si spiegherebbe un’operazione del genere. Con l’aggiunta dell’elemento video, ovviamente, a fare la differenza. Si tratta della tipologia di contenuto che fa segnare la crescita più marcata, in particolare su mobile: il quaranta percento del traffico del sito passa al momento attraverso tablet e smartphone, appena due anni fa era il sei. E, fino ad ora, era l’unica tipologia a muoversi ancora nell’ambito della gratuità. La scommessa è tutta da testare sul campo.
A quanto pare, YouTube dovrebbe proporre agli utenti due di modalità di abbonamento, sfruttando le modalità dell’offerta della società anglo-svedese: ascolto e visione gratuiti, ma con pubblicità (dunque, tutto rimarrebbe immutato, come ora), oppure premium (cioè a pagamento), ossia senza interruzioni e con la possibilità di scaricare i brani per ascoltarli quando non si è connessi. Per ora, però, dicono si tratti di fantascienza.
Secondo il New York Times, che è tornato sulle indiscrezioni, il servizio dovrebbe costare circa dieci dollari al mese con l’obiettivo di aumentare le royalties per etichette ed editori musicali. La ragione fondamentale della nuova strategia? Oltre ai diritti, quella di poter disporre di maggiore flessibilità nella distribuzione e nella vendita dei contenuti musicali con meno restrizioni. Insomma, l’idea è che l’utenza premium potrebbe essere lanciata su Youtube e poi “allargare” i propri effetti ad altre offerte di Big G, da Google Play All Access alle applicazioni per gli occhialini. Un po’ come l’ID Apple, passepartout per tutti i servizi di Cupertino.
Infine, la svolta permetterebbe alla piattaforma di video-sharing di fare piazza pulita dei contenuti non autorizzati, spesso comunque rimossi, rimodulando più intelligentemente l’offerta e l’immenso archivio musicale. Puntando magari a uno streaming legato a quel punto agli interi album degli artisti, che spesso rendono invece disponibili solo due o tre singoli dai propri lavori.
In ogni caso, bocche cucite a San Bruno, quartier generale californiano del gruppo: «Lavoriamo in continuazione su modi nuovi e migliori per favorire la fruizione dei contenuti di YouTube su tutti gli schermi – ha detto un portavoce – dando anche ai partner più opportunità per raggiungere i propri fan. Ma al momento non abbiamo nulla da annunciare».
Tuttavia sembra che l’attesa sia alta, non fosse altro che per le dimensioni del nuovo concorrente: «YouTube è il più grande motore di ricerca e di scoperta della musica al mondo – ha detto al New York Times, Richard Greenfield, media-analist di Btig Research – chiaramente ci sono persone che sarebbero disposte a pagare e altre a usare la piattaforma gratuitamente. Si tratta solo di costruire un’esperienza migliore per l’utente».