
Roma, 15 novembre – In commissione bilancio al Senato non si sta parlando di altro ovvero le tasse che spetteranno agli Italiani sulla prima casa e sulle altre eventuali a partire dall’imminente 2014. Viene subito in mente l’Imu, che sta in una sorta di limbo per lo più politico visto che ha scatenato battaglie ideologiche a Montecitorio e Palazzo Chigi, mentre per i sindaci si tratta di entrate la cui presenza o assenza nelle casse comunali si faranno sentire, nel bene o nel male. Tra abolirlo e lasciarlo, in quest’ultimo caso non si parlerebbe di prima casa però, sempre che poi venga fatta chiarezza una volta per tutte sulla seconda rata c’è di mezzo un’infinità di altre tasse in discussione. C’è ad esempio il Tuc, tributo unico comunale, che dovrebbe riunire Imu e Trise e a valanga sostituire l’Irpef sugli immobili ed i servizi comunali indivisibili. In alternativa si parla della Trise, un’imposta che comprende due sotto-tasse che sono la Tari e la Tasi. In sostanza va sempre a ricoprire il ruolo giocato dall’Imu più le imposte per i servizi comunali ovvero la Tares. Qui l’aliquota di base è dell’1 per mille ma i comuni potrebbero avere la facoltà di elevarla. In alternativa si starebbe pensando di apportare un aumento spalmato su tutti gli immobili, per non penalizzare eccessivamente la prima casa, attraverso la Tasi, che andrebbe quindi a fungere da tassa sui servizi indivisibili più l’imposta sugli immobili. In questo caso però le richieste dei sindaci sarebbero quelle di un aumento dell’aliquota da un tetto massimo del 2,5 per mille al 3. Qualunque sia la sigla della tassa, l’unica certezza è che la crisi la pagheranno ancora una volta i contribuenti.