Roma, 11 dicembre- Siamo arrivati al terzo giorno di proteste per il movimento dei Forconi, un pò sotto tono rispetto agli annunci, ma blocchi e disagi sono comparsi in tutta Italia. Le proteste sono state disertate soprattutto nel sud Italia, dove gli autotrasportatori hanno temuto sia le infiltrazioni mafiose, sia il sequestro del mezzo ( minacciato dalla Digos). Scarsa l’affluenza anche nella Capitale, dove un presidio fisso si sveglia ogni mattina a Piazzale dei Partigiani, ma senza coinvolgere particolarmente la città o i passanti.
Come dicevamo le maggiori proteste con blocchi, rallentamenti e vera e propria guerriglia sono stati al Nord, in particolare a Torino, ma anche a Genova, Bologna e Vicenza. La città piemontese è stata il simbolo di questa protesta con un governatore che si faceva rimborsare sigarette e mutandoni e che oltretutto è stato eletto con firme false. Il gesto distensivo per la sicurezza del togliersi i caschi anti sommossa utilizzato dalla celere è stato strumentalizzato per tutta la giornata di ieri, sia dai media che da alcuni politici ( extra parlamentari). Così i forconi hanno letto come una rivendicazione dell’onore poliziesco lo sgombero di questa mattina ai Mercati Generali, in cui i presidi sono stati sgomberati e 32 persone identificate. Controlli simili sono avvenuti anche a Barletta e Andria, dove la polizia sta ispezionando il territorio e rassicura i commercianti che hanno rialzato le serrande, dopo la chiusura obbligata degli ultimi giorni. Dal Viminale fanno sapere che non verranno più tollerati segni di violenza e tentativi eversivi ( come il manichino impiccato a piazzale Loreto a Milano). Si cercherà di evitare il dilagare della protesta a macchia d’olio, perchè questo porterebbe a fenomeni incontrollati e non prevedibili di violenze da parte di gruppi isolati. Intanto però il portavoce del movimento dei forconi fa sapere che la “marcia su Roma” è solo rimandata, se oggi passa la fiducia a Letta la prossima settimana la Capitale sarà invasa. L’obiettivo sono le dimissioni in toto del Parlamento e dei politici.