Roma, 9 marzo- Danilo Orlandi è un ragazzo di 31 anni, padre di famiglia, con una bella bambina di 9 anni, che lo adora e lo vede come il suo eroe, sempre pronto a correre per lei. Invece Daniele non c’è più, stroncato da una polmonite non curata, in piena estate, nel carcere di Rebibbia. Era stato arrestato a gennaio per resistenza a pubblico ufficiale ed è morto il 1 giugno, per una polmonite, alla vigilia della sua scarcerazione. Inizialmente, ad una famiglia sconvolta per il decesso, le autorità carcerarie avevano parlato di un infarto fulminante, che avrebbe stroncato Daniele in pochi secondi, non lasciando margine per i soccorsi. La famiglia di Daniele però non ha ceduto e ha sporto denuncia presso la Procura di Roma, perchè il giorno prima della morte lo ricordavano come « febbricitante, sofferente, pallido e gravemente debilitato ». Dopo otto mesi il pm Mario Ardigò ha concluso le indagini preliminari, mostrando una realtà totalmente diversa, rispetto alla versione ufficiale del penitenziario. In base all’autopsia Daniele era affetto da polmonite bilaterale massiva, la forma più grave, eppure veniva curato con semplici farmaci anti infiammatori. Non solo la negligenza, ma anche il concorso di colpa, visto che i medici del carcere di Rebibbia non avevano notato nessuno dei sintomi più volte denunciati dalla famiglia, tanto da riportare nei bollettini quotidiani « nessun fatto acuto da riferire ». Infine sono ancora da chiarire le condizioni in cui è morto Daniele, infatti dai documenti risultava in cella di isolamento, mentre le autorità penitenziarie hanno sostenuto che il ragazzo si trovava con altri due reclusi, ma era escluso dalle attività in comune. Al momento il pm pensa al reato di omicidio colposo per i medici del carcere di Rebibbia, che visitarono Daniele, omettendo o ignorando la polmonite. Restano però, come abbiamo detto, molti altri punti da chiarire che potrebbero aggiungere nuovi indiziati all’elenco.