Roma, 18 ottobre – La crisi, in ultimo, non è che una stanza degli specchi. Mette a nudo l’anima, così com’è. E nel farlo tira via quello che c’è. Così pare pensarla lo scrittore Fabrizio Cugia, con la sua raccolta di novelle “Storie di uomini in crisi” (ed. Prospettiva).Storie di protagonisti segnati dall’inevitabilità del cambiamento, dal venir meno di sogni o di certezze, o anche soltanto transfughi d’un destino ormai divenuto irriconoscibile. «Sono sei colpi, se vogliamo, d’un revolver caricato coi sogni stessi della vita. Giunge sempre il tempo in cui poi ci si confronta, e si fanno i conti. Noi oggi l’abbiamo chiamata crisi, ma s’è chiamata in tanti altri modi nel passato» dice Cugia.”Storie di uomini in crisi” racconta sei storie di individui apparentemente diversi, ma accomunati dal viaggio inesorabile attraverso le profondità dell’io, come fu già ai tempi della metafora d’Ulisse.Un boxeur alle corde sotto i riflettori della New York del futuro, un soldato napoleonico in ritirata da Mosca con qualche brandelli di ricordi, un beatlesiano incallito nella swinging London anni Settanta, alla ricerca di ciò che resta delle incisioni dei quattro di Liverpool. Ogni cosa è crisi, se vogliamo.E qualcuno finalmente s’è preso la briga di dirlo.